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martedì 16 settembre 2014

Scaramucce all'Urp


Se la mamma degli sciocchi è sempre incinta, quella degli stronzi fa parti plurigemellari e omozigoti. 

Perciò al collega che ciclicamente accusa l'Urp di ogni nefandezza commessa dagli utenti,  l'Urp, anziché dilungarsi in una serie di spiegazioni circa le funzioni dell'ufficio relazioni con il pubblico, l'analisi dei rapporti con l'utenza, la valutazione dei servizi offerti dall'ente e altre amenità di questo tipo buone giusto, giusto  per i seminari sulla gestione dei conflitti negli ambienti di lavoro, l'Urp appunto seppellisce il collega astioso con una tonnellata di ironia. 

Non si otterrà comunque niente, ma ci si guadagna in buonumore. E scusate se è poco. 

L'occasione è arrivata oggi, mentre ero impegnata in una delle attività più noiose del mondo: la transumanza delle giustificazioni aziendali sui pascoli degli utenti, attività che richiede una guida  ferrea per evitare la fuga di supercazzole tanto diffuse nel nostro ambiente. 

Il mio computer si illumina per l'arrivo di una e mail dal collaborativo collega che così recita: 


"È già il quarto utente stamattina che, mandato dall’URP, chiede agli sportelli (disturbando l’utenza che stiamo servendo) di fissare appuntamento.
Per cortesia verificare la veridicità di quanto dagli utenti asserito, e se del caso, comunicare di telefonare o prendere la lettera “A” se ancora disponibile" 
Manco un saluto e firma. 

Mi si arricciano i denti per gli anacoluti mentre il corpo freme per il tono supponente e, sebbene desideri riempirgli la bocca di vermi antropofagi, mi attengo all'etichetta e gli rispondo con garbo. 
Ecco il testo. 


È garantito. Nessuno ha mai invitato gli utenti ad andare agli sportelli  per prenotare un appuntamento. All’Urp si spiega la procedura, e cioè che occorre telefonare, poi si forniscono foglietti prestampati con le indicazioni per fissare un  appuntamento -  sugli stessi foglietti sono elencate le pratiche che si possono espletare su appuntamento, infine ribadisce che gli appuntamenti si prendono al telefono.

Ma l’utente medio, ovviamente, ci prova e domanda serafico:

Ma se vado agli sportelli mi dovranno dare un appuntamento, o no?

Allora le colleghe dell’Urp diffidano verbalmente l’utente dal presentarsi nuovamente agli sportelli e ripetono daccapo la procedura in dettaglio declinando la casistica al completo. 

L’utente medio ascolta con attenzione, conferma di aver capito e garantisce che telefonerà, gira le spalle come se tutto fosse chiaro e sulla porta, colto da improvviso raptus viene attirato da un megamagnete, evidentemente posizionato al centro del "salone al pubblico",  che gli procura disorientamento spazio-temporale,  perdita della memoria  e stati di allucinazione cancellando ogni informazione appena ricevuta all’Urp: potere della fisica.


 A quel punto se ne perdono le tracce e soprattutto il potere persuasivo delle urpiste si affievolisce in un amen.  

In sintesi: se gli utenti vengono allo sportello dicendo bugie non possiamo farci niente.
Ma sia chiaro: non è dall’Urp che li si invita ad andare allo sportello per chiedere un appuntamento.
Grazie per aver offerto l’ennesima opportunità per spiegare il difficilissimo lavoro che si svolge all’Urp.
Un caro saluto.
Cassandra Cassandrini

Obiezione del capo che aveva ricevuto per conoscenza l'email 
"Come mai non usate quel foglio che avevo fatto fare apposta per questi casi?"

Allora con santa pazienza riprendo il daccapo e da vera burocrate chioso: 

Nella narrazione del dialogo con l’utente  per errore è stata omessa un’azione eseguita dalle colleghe dell’Urp che riporto immediatamente. Me ne scuso con i destinatari e con i colleghi: 
  
Quindi dopo la riga 4 occorre aggiungere:

In ogni caso, visto che l’utente si è presentato di persona, gli si consegna un modulo prestampato affinchè possa chiedere l’agognato appuntamento, magnificando i vantaggi di un servizio modulato sulle esigenze del pubblico e giurando su parenti stretti che saranno richiamati.
A questo punto l’utente medio prende il modulo e, tranne pochissimi casi di " diligenza civica" che si risolvono con una compilazione manuale e riconsegna della richiesta, in linea di massima ci sputano sopra lasciando un escreato dalle variopinte venature, bestemmiano Dio e i parenti, poi lo appallottolano per aumentarne il peso specifico e la lanciano contro la zelante Urpista che ha proposto  una soluzione così semplice.
I meno temerari lo gettano semplicemente nel cestino.
La narrazione riprende dalla  riga 5
Grazie ancora
Cassandra Cassandrini 

martedì 25 marzo 2014

Di inattesi dolori

L'effetto termina il martedì mattina. Apro gli occhi alle sette, quando sento il rumore delle porte dell'ascensore aprirsi e la mia vicina che scappa al lavoro. E precipito nel dolore.  Una cintura stretta sullo sterno, così  io cado.

Oddio! Ora mi rompo. Mi rompo sul cuore  e  non me ne accorgo. Sento solo la stretta in gola.

Le lacrime, invece, arrivano intorno alle 11,  a mattina già inoltrata, quando poche ore di ufficio mi hanno ricacciato nel mondo dei respinti.

Altre volte invece sento proprio che non riesco ad arrivare, mi fermo prima, sul marciapiede o sul corso che attraverso d'improvviso senza guardare nella speranza che un'auto pietosa metta fine all'agonia.

Poi torno a casa e piango. Medito, delibero, annuncio e mi fermo. Sto a casa e piango. Dormo, mi sveglio e piango.
Perché sono inabile alla vita?

giovedì 6 marzo 2014

Oscar alla grande gaiezza: c'è chi vive ad aria compressa

Sebbene abituata a tanta leggerezza, che nella mia azienda è parente stretta della sciatteria,  tutte le volte che si palesa, mi sorprende.

Ora dopo un periodo di super lavoro causa ulteriori deroghe a norme appena emanate, alla moltiplicazione dei passaggi grazie alla rigorosa disorganizzazione distribuita con metodo scientifico in ciascun servizio e alla strutturale carenza di fondi per qualsiasi attività compreso l'appallottolamento dei fogli usati recto e verso (ma dove diavolo sono finiti tutti i soldi? Così solo per sapere...) ecco che arriva una stagista. 

"Una stagista???????
"Sì una stagista"
"E chi l'ha chiesta?
"Tu"
"Io???????"
"Scusa Cassandra, non avevi chiesto una stagista"
"Si, ma l'anno scorso"
"Beh, arriva adesso"
"!!!!! ???????" 
"Ma non non c'era la legge Fornero che imponeva il pagamento di un'indennità anche agli stagisti, mentre noi credevamo di cavarcela con i buoni pasto e l'università ci ha fatto un pernacchione pari al tifone che ha spazzato l'arcipelago filippino e le mie speranze?"
"Ah sì?"

Ebbene arriva una stagista che nessuno ha chiesto e che non so chi pagherà, ma che faremo lavorare come in miniera.

Ma perché sono l'unica a farsi domande?

venerdì 17 gennaio 2014

Urp, sei colpevole

Ieri le Urpiste, quelle stesse che hanno vinto un concorso pari solo alle selezioni per il posto da notaio,  si dolevano per il fastidioso appunto di un collega spedito graziosamente via e mail.

"Cassandra difendici!" dicevano vagando per l'ufficio  brandendo un immaginario tirso come baccanti alterate dal rito dionisiaco. 
Sinceramente preoccupata per la spropositata reazione, ma legittimamente alterata dopo aver letto l'email, errata nella forma e nella sostanza ho impugnato il mouse e ho confezionato la seguente risposta: 

"Caro Collega, leggo con dispiacere la reprimenda sull'errate informazioni fornite dall'Urp ad alcuni nostri utenti il cui testo integrale si riporta al fondo di questa e mail.

Purtroppo conosciamo la frustrazione che si prova di fronte ad un utente quando, alle difficoltà economiche e sociali si aggiungono anche la negligenza dell’amministrazione o, peggio ancora, l’errore. Credimi, lo viviamo tutti i giorni in Urp: non ce ne facciamo ancora una ragione di tanta sciatteria. Tuttavia, prima delle accuse,  occorre fare un po’ di tara.

Perciò partiamo dall’inizio.
Agli utenti forniamo le informazioni conquistate e/o estorte agli uffici. Spesso le proceduralizziamo autonomamente e ne facciamo schede che manteniamo aggiornate sempre con il solito metodo dell’estorsione a scopo informativo, ma va da sé che un’informazione univoca e facilmente reperibile aiuterebbe tutti e metterebbe al riparo noi da errori e gli utenti da giri a vuoto. E vengo al dunque.

Noi, come del resto gli utenti, attingiamo dal sito dell'ente: ma se questo non è aggiornato, ecco che gli errori vengono ribaltati sugli utenti e, senza alcuna mediazione, direttamente a noi, come è successo a te.

Sulla pagina del tuo ufficio abbiamo già segnalato in diverse occasioni incompletezze ed errori, l’ultima volta, il 3 ottobre 2013, per un problema del tutto simile a quello che tu denunci, il cui testo puoi trovare in allegato alla questa e mail.

In sintesi: un sito aggiornato è un vantaggio per tutti.

Non è lontanamente pensabile telefonare ad responsabile del servizio - come tu suggerisci -  per avere conferme di volta in volta,  faremmo prima a potenziare il centralino e che se la vedano gli utenti.

Probabilmente è più utile a tutti aggiornare un’unica banca dati, che è il sito, al quale attingere da qualsiasi postazione, anche in maniera diretta e facilmente aggiornabile perché proviene da un’unica fonte. Certo questo significa che non si è più costretti a fare la questua per ottenere uno straccio di informazione e gli utenti possono rivendicare certezze, ma è un rischio che dobbiamo correre. I vantaggi saranno certo maggiori

Infine anche questa volta giriamo la segnalazione a chi di dovere confidando in una maggiore collaborazione

Per il resto auguro a tutti una buona giornata"

giovedì 18 luglio 2013

Spammista cedesi

Se la pioggia che ha battuto la città tutta la notte e pure la mattinata non mi avesse indotto a poltrire a letto, forse non mi sarei stupita così per le molte e mail che intasavano la mia casella di posta elettronica al mio arrivo.

Certo, alle 8 del mattino il dirigente spammista non  avrebbe potuto molestarmi con i suoi lanci d’agenzia via Outlook.
E invece alle 10.30 e mail e allegati variegati erano tutti lì a fare capolino sull'icona della casella.

Lui mi aveva spedito - direttamente o solo per conoscenza -  in ordine:
  1. la richiesta di una collega di tornare in part time dal 1 settembre: come darle torto, non di solo pane vive l’uomo;
  2. l’invio massivo dei moduli scannarizzati per richiedere la social card: una inutile carta destinata a chi non ha niente, neanche la forza per fare domanda per ottenerla, la fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo;
  3. la foto di un bollettino di pagamento effettuato da uno studio privato (anche un pochino riservato) diffuso tramite posta interna a tutto il personale di tre differenti servizi, escluso quello interessato, quel che si dice "Sbagliare bersaglio".

Chiedetemi se voglio andare in pensione.

venerdì 12 luglio 2013

Io non lo so, ma lo hai chiesto a Paperino?

La notizia è di quelle che fanno tremare le vene ai polsi, una leggina da niente che alleggerisce, con un flusso costante, ma silenzioso, il già inconsistente portafoglio degli italiani. 

Incriminatissima per il reato di "aumento preterintenzionale dell'indigenza" ecco a voi l'adeguamento delle marche da bollo, codicillo della legge 71 per il rilancio delle aree industriali di Piombino e non solo.

Ed ecco il regalino di inizio estate: l’aumento delle marche da bollo che passano da 1,81 a 2 euro e da 14,62 a 16,00; un ritocchino di pochi centesimi e cifra tonda. Un sciocchezza. A conti fatti quasi il 10 per cento, altro che inflazione. 

A farne le spese le categorie più disparate di persone, dagli studenti universitari agli industriali, senza distinzione di censo. Va da sé che il palo più grosso se lo prendono i meno abbienti, sui quali un aumento indiscriminato pensa certo di più.

E io, appresa la notizia, da vera soubrette di questo circo che gli altri chiamano Urp, ho cercato di capire gli effetti dell'innocente  manovra sui nostri utenti e, a parte l'aumento di ufficio di tutte le pratiche in bollo, ho scovato anche una voce sulla bolletta, quella impostina che fino a giugno era di 1,81 e da luglio sarà a 2 euro. 

"Veeeroooo??????"

"Non saprei proprio -  mi risponde la collega della contabilità e ragioneria, sapete quel servizio che si occupa di bilanci aziendali e di pagare le imposte - hai chiesto a Laura?

"Laura??? Scusa Laura è la collega che compra le marche da bollo, non quella che le stampa, come fa a sapere se l'imposta di registro sulle bollette aumenta?" obietto io.

"Ah, certo, è vero - risponde la svagata del servizio imposte - allora forse lo sa Giorgio, sai lui calcola le bollette" mi previene.

"Perdona, ma Giorgio calcola i canoni, non le voci accessorie, come fa a saperlo?" la incalzo.  Meno male che sono al telefono. Mi accorgo che si sta dileguando l'ultimo barlume di pazienza che ho gelosamente preservato per gli anni a venire, quelli da qui alla pensione: circa 18 anni con le leggi attuali.

"Ma chi imposta le bollette lo deve sapere, no? Hai chiesto ad Alessandro?" mi suggerisce la signora Tirimbalzo.

"No, ad Alessandro non l'ho chiesto e neanche a Paperino, sai lui vive in un fumetto che ne sa delle imposte degli umani". E chiudo prima che mi consigli ancora di chiedere direttamente a un utente.

"Lo saprà, riceve la bolletta". 

Preferisco gli utenti 

giovedì 11 luglio 2013

Cassandra c'è




Lo so. Non sono stata molto presente negli ultimi tempi e non posso neanche scaricare la colpa su qualcuno. Si è trattato solo di pigrizia, un po' di mal di schiena e un naturale esaurirsi della spinta iniziale.

L'utente medio non mi dà più soddisfazione. Con le sue querele standardizzate mi ha tolto ogni vena creativa, aggiungi anche che le urpiste sono andate a casa, sostituite da un rutilante servizio di accoglienza degno più di un circo di strada che di un ente pubblico.

Ed ecco spiegato il lungo silenzio. Ma la vocazione mica se la straccia di dosso come le vesti. No cari miei. Per quanto uno assuma una condotta zen di fronte alle stupidaggini della quotidianità, la vigliacca fa copolino e fa le moine per farti tornare alla tastiera.
Naturalmente ho resistito il giusto, ma ora eccomi qui.
e vi racconto questa.

Buon divertimento.




mercoledì 7 novembre 2012

Piccoli espedienti senza importanza

Di fronte alla frusta tiritera del "siamo senza soldi" enunciata in molteplici lingue da tutti gli enti, l'italico ingegno ha trovato una soluzione per distribuire ai lavoratori della Pa, al palo fino al 2017, qualche avanzo d'amministrazione del fondo dipendenti.

Niente di folle, per carità, massimo 800 euro all'anno, ma sputaci sopra in questo periodo.

Ovvio che almeno sulla carta l'obolo non è gratis, ma richiede un impegno formalizzato da un progetto che risulti innovativo, che ottimizzi risorse e, manco a dirlo, che  generi risparmio.
Ora dopo aver ricacciato nella tomba Milton Friedman, ridestatosi per la bestemmia economica e riscritto le regole del sindacato, nel mio ente è stato tutto un rincorrersi nel cercare idee con le caratteristiche di cui sopra, poichè si sa, sulla Luna ci siamo già andati, su Marte ci abbiamo mandato Curiosity, un fagnano che passa il tempo a cinguettare con i suoi fan, e ripulire in apnea la fossa delle Marianne richiede ancora qualche aggiustamento. 
Allora, poichè niente di nuovo emergeva dall'incubatore dei geni, me inclusa, sono state rispolverate e lucidate a nuovo le attività ordinarie, battezzate con nomi altisonanti, contabilizzate in ore/uomo, e riorganizzate in gruppi di lavoro, quindi presentate alla dirigenza come veramente innovative durante un'estenutate trattativa sindacale.

Ovvio che la dirigenza abbia storto il naso, ma di fronte alla necessità di motivare il diniego, elaborare criteri uniformi, attribuire punteggi equi e  compilare  schede,  ha accolto i progetti senza obiezione alcuna. Sempre meglio che lavorare, avranno pensato le teste di cuoio. 

Il tutto è stato inviato poi ad un'apposita commissione di valutazione esterna che li ha approvati.

Sembrava che tutto fosse a posto. Ma inesorabile è arrivato  il momento dell'operatività. Così l'ufficio peronale, ops, la Direzione organizzazione,  sviluppo risorse umane e formazione, ha inviato a tutti i dirigenti la comunicazione di approvazione del progetto e la richiesta di monitoraggio del medesimo.

La scala gerarchica, che nel mio ente dal direttore generale passa direttamente a me poiché da sei anni manca il  dirigente del servizio, mi ha regalato la richiesta di monitoraggio. Io ho cercato di ignorarla per circa 10 giorni, finchè la telefonata di sollecito mi intimato la redazione del documento.

Allora chiamo il capo progetto e gli chiedo a che punto siamo con i lavori. Lui, un uomo più lento di una lumaca carnivora,  mi risponde con un lunghissimo giro di parole circa l'opportunità di utlizzare questo istituto  contrattuale  per ottenere solo elemosina. Lo blocco prima che sciorini i suoi pezzi da novanta sul contratto nazionale collettivo di  lavoro e gli chiedo una data: ma neanche con le tenaglie infuocate riesco a strappargli una dichiarazione, che non sia d'intenti.
Sogno di chiuderlo nella vergine di Norimberga e penso al da farsi, finchè ripongo la bozza di documento sulla sua scrivania e gli dico candida:

"Allora quando avete iniziato a lavorare? Dammi una data se no io scrivo 1 gennaio 2013 e voi i soldi del  2012 ve li sognate"  e  me sono andata via.

Un po' di terrorismo non può far male.



mercoledì 24 ottobre 2012

Spending review: il 10 per cento che sconvolse l'ente

Si parla di spending review. Protagonista di conversazioni, riunioni e trattative sindacali, non c'è cristiano che non citi questo orribile anglicismo come se avesse studiato alla London of School Economis and Political Science
Io che ho studiato letteratura italiana e comunicazione, invece me ne impippo e anziché tremare come una fogliolina al vento per timore di perdere la mia indennità, continuo come se niente fosse la mia vita dissipata.

Intanto nel mio ente si decidono le strategie aziendali del prossimo triennio e per risparmiare abbiamo assunto un consulente a 80mila euro più indennità di risultato con l'inequivocabile mandato di ottimizzare i costi aziendali.

Dopo un'accurata ricerca tra le pieghe del bilancio il consulente ritiene "sia opportuno tagliare tutti i capitoli di spesa del 10 per cento e anche di più".
Sinceramente colpito da questa proposta di finanza creativa davvero inusitata, il direttore generale, sempre il solito, ha fatto chiamare il consulente per prenderlo a calci nel culo di persona e farsi restituire lo stipendio in monete da due euro. La segretaria lo ha trattenuto ricordandogli che il CdA non avrebbe apprezzato simili intemperanze e perciò ha desistito ritornando su modelli di governance già collaudati.

Così ha convocato tutti i dirigenti e ha chiesto conto di tutti i capitoli di spesa, oltre mille, scrivendo su ciascuno, a mano e con la penna rossa proprio come prescritto dalla circolare Astengo, il risparmio ottenuto a seguito di minacce, ingiurie e contumelie.

Quando si è passati al mio servizio, privo di un dirigente da oltre sei anni, il direttore ha chiamato i suoi funzionari nella speranza di restringere di una taglia tutte quelle cifre.

Io con grande semplicità ho ricordato di aver già subito una riduzione del 20 per cento all'inizio dell'anno, pertanto per tagliare ulteriormente i costi - fondamentalmente del personale - occorre ritornare al più presto alla tratta degli schiavi:  il direttore ha subito apprezzato il suggerimento, ma il capo del personale gli ha ricordato che è stata abolita ufficialmente. Il direttore ha stigmatizzato la decisione quantomeno affrettata.

Una collega, invece, dopo aver concesso 5mila euro ha messo un prorprio rene all'asta. Il direttore ha ancora una volta apprezzato l'idea e ha dato mandato alla segretaria per l'organizzazione della riffa. A spegnere l'entusiasmo ci ha pensato il medico del lavoro, consultato in tutta fretta, che ha ipotizzato maggiori costi di spese mediche e un aumento dell'assenteismo della collega per i postumi dell'intervento.
"Già nel prossimo triennio?" si è informato cauto il direttore.
"Verosimilmente sì" gli è stato risposto. Non pienamente convinto ha tuttavia dovuto desistere: grande delusione tra gli astanti.

La terza collega pronta a dare battaglia, si vista invece scippare 25mila euro. Dopo un momento di smarrimento ha ricordato che per un ulteriore prelievo occorreva andare direttamente a scassinare la banca sotto casa sua. Bastavano un piccone e un operaio. Il direttore si è compiaciuto per  lo spirito collaborativo e ha chiesto i turni dei muratori. Ma il dirigente del bilancio ha frenato gli entusiasmi ricordando che le transazioni in contanti sopra i mille euro sono vietate dal decreto Salvaitalia. E come se non bastasse l'avvocatura al gran completo ha formulato un parere orale sulla liceità dell'operazione "prelievo banca" che si può prefigurare come un reato di furto con l'aggravante dello scasso... il direttore li ha ferma prima che prevedessero altre disgrazie. Per la consulenza gli avvocati ricevono 2mila euro di propine.
Il direttore sogna una piazza Sintagma per i nostri dirigenti.
Per favore non ditelo a Bondi.

martedì 23 ottobre 2012

Contrordine compagni: le bugie hanno le gambe corte

Dopo aver superato il rischio gravissimo di bruciare per sempre tra le fiamme dell'ente senza alcun valido motivo dissoluto, tranne qualche vaffa lanciato a denti stretti, ecco la risposta che mi ha mostrato la cagoria protetta dopo averla strappata a una fine orribile:

"Si informano tutti i dipendenti che al piano di evacuazione ed emergenza sono apportate le seguenti modifiche:



"Forse lo hanno scritto perchè non abbiamo preso gli stivali..."

"!?"

giovedì 18 ottobre 2012

Qualche volta le bugie hanno le gambe lunghe

L'allarme scatta mentre sto telefonando. Interrompo la comunicazione, più per il fischio che per il rispetto delle procedure, e cerco i responsabili della sicurezza. Entrambi sono fuori per il corso di aggiornamento sulla sicurezza. Logico.

Gli altri colleghi attendono alle consuete occupazioni e anche io mi dispongo a farmi rompere i timpani dalla sirena o ardere viva sulla scrivania, che è la stessa cosa. Tanto dall'ottavo piano del mio palazzo ho poche speranze di salvarmi. Vantaggi di chi lavora al top.

Così apro la posta elettronica a caccia di notizie tipo "Nessun problema stiamo provando i sistemi di sicurezza del palazzo" quando vedo arrivare il direttore generale, lui in persona, singaro in bocca e faccia seria, che intima la fuga immediata.
Orbene, se il direttore generale, uomo cosi parsimonioso che se si dimentica di stampare fronte/retro si addebita da solo la pagina bianca,  fa uscire i dipendenti in orario di servizio devo aspettarmi le  lingue di fuoco lambire il tetto.

Perciò agguanto la borsa, prendo la giacca e scappo via a gambe levate trascinandomi dietro la collega appartenete alle categorie protette che però vuole assolutamente prendere gli stivali di ricambio, prima di uscire.
"Ma dove sono gli stivali?" le chiedo nella confusione.
"Nell'armadietto" mi risponde come se fossimo al bar.
"Quale armadietto?" chiedo stupita, scoprendo per la prima volta in dieci, dico dieci anni di lavoro là dentro, che esistono degli armadietti.
"Quelli dentro lo sgabuzzino di fronte ai bagni".  Posto così remoto che ci rimani secco solo entrarci,  figurarsi respirare l'acido cianidrico prodotto dalla combustione della lana di roccia presente nell'intercapedine dei muri.
"Le chiavi sono nel secondo cassetto della mia scrivania, vado a prenderele" mi annuncia sicura.
Qui, qualcuno è fuori posto, penso tra me e me.
"Lasciali lì" le ordino risoluta, poi mi sento un verme e la rassicuro, "più tardi ritorniamo a prenderli"
"E se  bruciano?" obietta lei. Giusto. E se bruciamo noi? Temo io, ma a che serve dichiararlo.
Allora serve un avviso ci garanzia condito da una bella bugia.
"Tranquilla,  non bruceranno, perchè è un'esercitazione. Ma ci prendono i tempi da Roma dobbiamo fare in fretta"



lunedì 11 giugno 2012

Ma sono proprio italiana, e anche un po' di più.

Supertitolata, altissimamente professionalizzata e profondamente annoiata: ecco la fotografia della mia situazione lavorativa.

Per dare un colpo di novità alla languida quotidianità che mi accompagna in ufficio non mi rimane che cercare altre strade. Così dopo aver fatto il bilancio delle competenze, verificato che non ho un mentore pronto a scommetere sulla mia personcina, schiacciata come un guscio di noce tra i grandi poteri occulti che manovrano questo paese, decido di presentare domanda per un concorso alla comunità europea.

Esaltata dalla semplicità con cui presenti domanda, c'è un form sul loro sito che ti guida a costruire il curriculum, niente a che vedere con i concorsi pubblici in Italia, mi immagino già negli uffici di Bruxelles a conversare in inglese con colleghi davvero simpaticissimi.

Compilati tutti i campi richiesti, il sistema mi assegna un numero di registrazione e  un account personale sul quale riceverò tutte le comunicazioni. Il messaggio finale è chiaro:  "Controlla il tuo account perchè lì, e solo lì, troverai tutto le info per la selezione".

Questo succedeva ad aprile. Poi le feste di Pasqua mi hanno spinto in Oman a scoprire nuovi mondi e sono tornata certa che 200mila candidati in 27 paesi richiedono una certa organizzazione e anche qualche mese.

Così oggi, spinta dalla consueta noia, ho controllato il mio account. Sorpresa!
Il capo dell'ufficio di selezione del personale, certo Gilles Guillard, mi ha scritto una bella letterina in iglese semplice semplice con la quale mi comunicava che la mia candidatura era stata accettata, che avevo fatto le cose per benino e che non mi rimaneva che prenotare la data della prima selezione, operazione che avrei dovuto eseguire on line dal 14 al 16 aprile ora di Bruxelles, pena l'esclusione dal concorso.  Solo la nascita di un figlio, la morte di un congiunto prossimo, madre, padre, fratello e/ sorella, o ricovero in ospedale poteva costituire un'eccezione alla ferrea regola

Ma come? Il concorso era scaduto il 5 aprile e il 6 questo diligentissimo funzionario già scriveva per confermare candidatura e data delle selezioni? A più di 200mila candidati. Ma che sistema hanno a Bruxelles quando in Italia per un concorso a due posti andiamo avanti almeno due anni.

Bene sono certa che a guardare la posta in ritardo saranno stati prevelentemente italiani. Ora io mi vergogno come una ladra e per tenere alto l'italico onore  ho deciso di dichiarare il falso e di traformare la mia nazionalità da italiana in svedese, tanto per distribuire un po' di fango ache ai paesi del nord, sempre così perfettini.

Noi qui ne abbiamo già abbastanza di verecondia, senza che ci aggiunga la mia.

martedì 29 maggio 2012

Se la terra trema senza ordine del direttore

Non è che siamo abituati a tutte queste scosse di terremoto, perciò quando la terra trema, anche un cuor di leone diventa un coniglietto e, colto da pavidi suggerimenti, corre fuori.
Così questa mattina,  appena entrata in ufficio, dall'alto del mio grattacielo, ho sentito l'oscillazione terrestre e su indicazione del responsabile dell'emergenza, in maniera scomposta noi tutti abbiamo lasciato il palazzo.

Dopo una breve sosta nella piazzetta antistante l'edificio, in attesa che qualche pezzo di cemento armato ci cadesse in testa, evento che non si è verificato, siamo rientrati alle nostre scrivanie.

Ma le procedure in caso di sisma dicono cose ben diverse, che si può uscire solo su ordine del dirigente, che questa mattina, come tutti i giorni, alle nove non si era ancora presentato, interrompendo  l'oleata catena del comando e assegnado ad un umile impiegato  la salvezza del personale.

E dopo le tragiche notizie dell'Emilia, ecco l'email del responsabile della sicurezza dei lavoratori che avverte che "solo al  termine dell’evento si attiva, se necessario, la procedura di evacuazione della sede e nel caso odierno  non è stato dato alcun ordine di evacuazione"

Così il direttore del personale, lo stesso che è sempre l'ultimo a sapere le cose, va in giro per uffici minacciando ritorsioni contro chi è uscito senza autorizzazione.

giovedì 22 marzo 2012

Articolo 18 e sbilanci

Da quando l'urpista diligente e l'urpista empatica si sono sublimate in una statistica, quella dei disoccupati, l'Urp monco ha cambiato aspetto, ma non il numero dei passaggi. 
E non è sufficiente l'urpista ad interim, sebbene abbia profuso grande impegno, a mantenere gli standard minimi. Tra gli utenti è panico e per gli psichiatrici è una festa molestare la superstite del trio, unica donna rimasta ad ascoltare e informare gli utenti.
Così l'urpista ortodossa, già provata dalle frequenti emicranie, pediculosi recidiva del figlio, instabilità emotiva, furto dei pattini da ghiaccio, chiusura del lattaio storico del quartiere, di fronte all'utente che da due settimane si presenta allo sportello per invitarla a cena  è andata ko e ha chiesto trasferimento in un ufficio più tranquillo.
L'urpista ad interm dopo aver resistito per due mesi pieno di entusiasmo, difeso la collega dallo stalking dell'utente, ha preannuncato la fuga nelle valli no tav "perchè almeno mi massacrano per una giusta causa" e ha chiesto le ferie arretrate di due anni.

Di fronte a tanta determinazione ho preso atto e, chiamata in audizione dal consesso dei dirigenti,  ho rappresentato a tinte forte tutta la drammaticità della situazione, naturalmente nell'ottica del servizio al cittadino.

La dirigenza, sempre sensibile al benessere dei lavoratori, ha liquidato la questione con la solita negligenza e mancanza di adattamento della working class. Il direttore generale, forse toccato dall'abnegazione dei colleghi, li ha fulminati con lo sguardo lanciando una bestemmia dietro il sigaro, che tuttavia è stata indovinata dagli astanti, cottolici inclusi che si sono segnati con discrezione.

In questa atmosfera pesante, carica di pathos per la sorte dell'urp e delle urpiste, i dirigenti si son guardati l'un l'altro senza proferire verbo. Terrorizzati al pensiero di dover cedere una risorsa, temendo per le vacanze incombenti, sperando in una soluzione magica del problema, attendevanno un vaticinio dal direttore generale.

Io pure nel mio piccolo, dopo aver accavallato tre volte le gambe, persorso la mia carrera in un lampo, esaurito tutti  gli argomenti, non sapevo che cazzo fare.

Allora il direttore generale, reiterata la bestemmia, maledetto il giorno della nomina, per altro recentissima, all'ambìto ruolo di capo supremo, stracciato per rappresaglia la legge finanziaria ha così sentenziato:

"Si esternalizza!".

Immediatamente la tensione si è sciolta: il sorriso è comparso sulla bocca dei presenti, il sole è tornato a risplendere nella sala riunioni e i dirgenti si sono alzati per riprendere le consuete occupazioni.

Ma io, che per un momento così avrei pagato qualsiasi cifra, timidamenteo ho annunciato:
"Ehm, veramente non ci sono soldi nel mio capitolo di spesa per esternalizzare il servizio".

E silenzio fu.

Di nuovo terrore e sospetto. "Son forse mie le risorse da destinare all'urp?" si chiedevano l'un l'altro. Solo il capo del personale taceva mentre il dirigente del bilancio masticava numeri.

Dalla porta della sala riunioni la segretaria faceva cenni al direttore genarale, il telefono squillava, l'agenda accumulava ritardi e non un cane che risolvesse la situazione.

Tocca di nuovo al direttore farsi parte diligente: "Cassandra, prepara il bando, i soldi li prendiamo dalle minori entrate per gli stipendi delle due urpiste cessate dal servizio".

"Ahhhh" sospirano tutti in coro.

"E dal taglio dell'uno per cento dei capitoli di tutti, così si ristuttura anche l'ufficio urp" ha aggiunto prima di sciogliere la seduta.

martedì 20 marzo 2012

Pasqua con chi vuoi, reperibiltà permettendo

Tra le fondamentali incombenze che mi sono state delegate dopo due cause di lavoro compare l'organizzazione dei turni di reperibiltà dei dirigenti. Attività che ho assunto con orgoglio dopo aver prestato un nuovo solenne giuramento di fedeltà alla mia amministrazione.

Così ogni mese preparo un calendario con i nomi degli altissimi papaveri costretti a rispondere telefonicamente in caso di rovinose emergenze, per esempio attacco di alieni, caduta di  asterodi - non ridete è successo - epidemia di vaiolo, notoriamente eradicata nel 1979, ma che può nuovamemente recrudere esclusivamente fuori orario di servizio, e altri accadimenti molto eventuali durante la notte o nei week end.

Oggettivamente l'impegno è gravoso e perciò ciascuno cerca di schinarlo come può. Ma io, con commovente ostinazione, ogni mese spedisco l'intimazione a comparire nelle date riportate nel file allegato. Sono ammessi solo scambi di turno concordati tra le parti e notificati via e mail agli attori interessati - e a me - entro la data stabilita nella comunicazione. 

Non debba trarre in inganno il tono prescrittivo, poiché i primi tempi, quando ancora praticavo l'allotropica arte della democrazia, invitavo gli esemplari dirigenti a manifestare la propria disponibilità a partecipare al buon andamento della cosa pubblica.

Mal me ne incolse. Trasformavano la mia casella di posta elettronica in un forum per rivendicazioni salariali, comprensivi della parte accessoria e di retribuzione di risultato, senza verecondia alcuna. Per non parlare di telefonate riservatissime per guadagnarsi il turno senza festività. E con l'avvicinarsi del Natale il traffico telefonico aveva dei tali picchi che la Consip ha segnalato l'anomalia alla Corte dei conti.

Così, fallita miseramente l'utopia democratica, ho buttato nel cesso i testi di Marx e Engels, cancellato i discorsi di Pericle e rinnegato Rousseou, poi ho ceduto alla deriva autoritaristica  e ho agguantato l'elenco alfabetico dei dirigenti piazzandone uno a settimana in ordine rigorosamente alfabetico: e ha funzionato. Per qualche mese. 

Ma aprile mi attendeva al varco con il suo carico di feste. Da Pasqua al Primo maggio è tutto un capolino di giorni rossi sul calendario nero e relativi ponti.

Quindi all'invio dell'irresistibile programma del prossimo mese, il computer è esploso di bugie e richieste di sostituzioni e al cellulare aziendale è saltata l'antenna per le questue. Il dibattito, serratissimo e quotidiano, è andato avanti per più di una settimana. Chi ha spigolato tra i turni degli ultimi dieci anni per contabilizzare l'equità delle presenze, chi ha chiesto la restituzione di antichi favori al collega in pensione, mentre i più audaci hanno dichiarato l'inutilità e il nocumento del servizio, qualcuno l'ha buttata sul patetico con la laurea del figlio ultraquarantenne alla cui discussione non si può certo mancare.

Sembrandomi un po' speciose le loro argomentazioni sono intervenuta e, con il consueto garbo che mi contraddistingue, ho usato la formula magica che adesso vi rivelo:

"Gentilissimi Direttori, pur confidando sul Vostro senso di responsabilità e nella speranza che qualcuno accolga i Vostri appelli, devo tuttavia ricordarVi che mercoledì sarò costretta a riferire le Vostre rimostranze al DIRETTORE GENERALE (che si incazzerà come una iena e, nella migliore delle ipotesi confermerà il mio calendario, ma se è veramente incazzato estrarrà a sorte senza neanche farvi dire né bi, né ba.  n.d.r.). Rimango in attesa di conferma.
Cassandra Cassandrini"

Miracolo.

Con due sole e mail hanno spostato le sessioni di laurea, restituito la caparra del viaggio appena prenotato, confermato la bontà del servizio reperibilità e soprattutto non mi hanno più intasato la casella di posta elettronica.

A dicembre la prossima puntata.

giovedì 2 febbraio 2012

Posto fisso addio? Urpista diligente offresi.

Dopo anni precariato passati all'Urp il suo contratto è scaduto. L'Urpista diligente da oggi ha fatto il suo ingresso nel mondo dei disoccupati.  E il concorso bandito per assumere una persona,  con la speranza che potesse vincerlo, è stato bloccato.
Dura lex, sed lex, ci hanno risposto. Giusto.
Tuttavia mi sorge un dubbio. Qualche anno fa c'è stato un bando per la ricerca di un dirigente. Convocata la commissione, tutti di grandi professori, è stato esaminato un unico candidato in possesso di requisiti molto diversi da quelli richiesta dal bando.  Questa la motivazione dell'assunzione.
La Commissione ha preliminarmente appurato che il soggetto non presenta i requisiti per essere ammesso alla procedura di mobilità poiché non in possesso allo scadere del bando dello status di dipendente di una Pubblica Amministrazione, presupposto essenziale per l’instaurarsi del procedimento di trasferimento diretto da una P.A.
Si dà atto che il dott. Rossi (nome di fantasia, ma tutto il resto è vero n.d.r.) ha comunque maturato i 5 anni richiesti nella qualifica dirigenziale. La Commissione ha inoltre analizzato il curriculum del dott.  Rossi allegato alla domanda dal quale emerge che l’interessato, contrariamente a quanto dichiarato nella domanda medesima, non ha buona conoscenza della pianificazione, organizzazione ed implementazione dei sistemi di qualità.
Il dott. Rossi è laureato in lettere, anziché in Economia e commercio, ma  ha partecipato a corsi di formazione manageriale per dirigenti.
Dal colloquio è emersa una sufficiente conoscenza dei modelli di controllo di gestione e della programmazione, pianificazione e organizzazione del lavoro.
Per quanto attiene la conoscenza informatica e telematica, questa è apparsa non specialistica, ma buona in termini di utenza.
Infine non è stata verificata la conoscenza della lingua inglese (dichiarata ottima dal candidato che presenta la lingua francese come seconda lingua madre).
Concludendo a giudizio della Commissione nella composizione riportata in apertura, il soggetto pur non presentando i requisiti richiesti per il trasferimento in mobilità, presenta per altro talune qualità che lasciano trasparire buone potenzialità di crescita professionale.

Perciò il dottor Rossi è stato preso con una collabarazione coordinata e continuativa, poi è diventato dirigente e infine direttore.

Ai posteri l'ardua sentenza.

venerdì 28 ottobre 2011

Seduta aggiornata

Non è bastato rinunciare a ogni pretesa economica e neanche fare non uno, ma mille passi indietro. L'azienda vuole di più.
Vuole che la differenza contributiva me la carichi io.

Così hanno dichiarato qualche giorno fa in udienza, di fronte a un giudice infastidito per l'ennesimo contenzioso lavorativo che non si riferiva a una metalmeccanico licenziato in tronco.

Noi tutti in piedi, capo chino in segno di reverenziale rispetto, in dieci minuti abbiamo esternato i nostri desiderata. Soppesando le parole una per una, per non rompere una fragilissima trattativa, che chi lo fa arrabbiare perde.

Alla fine il giudice ha fissato una nuova udienza "con il legale rappresentante per firmare un accordo" alle 8.30 del mattino.

"Ma il grande capo viene da fuori città..." ha rappresentato l'avvocato della controparte.  "E allora? - chiede il giudice - passa prima di qui"

Quando si dice che le parole sono pietre.

giovedì 27 ottobre 2011

In Europa tutto bene, la borsa vola e gli sfratti pure

Pantaloni di flanella strausati, maglia a coste che fa capolino dal giaccone grigio petrolio, capelli scuri e arruffati. Entra nel salone con passo incerto, si ferma a due metri dalla porta di ingresso e inzia a cercare con lo sguardo un'anima buona contro cui tracimare le pletora di domande.

Dietro il vetro le urpiste si stanno preparando all'esondazione verbale. Il loro ottimismo verrà punito i meno di un secondo.

L'uomo raggiunge l'Urp e mostra il precetto di sgombero dal suo alloggio. Vuole una casa. 

Le Urpiste si tarantolano sui loro trespoli.
L'uomo chiede come fare.

L'urpista diligente si impegna in una didascalica spiegazione sulle assegnazioni e i contributi all'affitto e altre misure irraggiungibili per chi ha già superato la boa dell'ufficiale giudiziario.
L'uomo digrigna i denti e ripete daccapo: mi hanno sfrattato, voglio una casa.
L'urpista diligente ammette il porprio fallimento professionale.

L'urpista ortodossa invece lo esorta a rivolgersi a un avvocato.
L'uomo frena un moto di stizza e le ricorda di non avere più soldi visto che mangia alla mensa dei poveri.
L'Urpista ortodossa si alza piccata e spruzza spry antibatterico in ufficio.

L'urpista empatica, testimone consapevole della frustrazine delle colleghe, dopo essersi asciugata la lacrime, chiama al telefono la Dama di Carità dei contributi, che, vestita di Armani e un velo di fondotinta tono su tono, prende atto della situazione e conferma di non poter fare niente, ma garantisce l'intervento dell'assistente sociale.

L'uomo si ritrova al via senza aver risolto niente e pure in ritardo per il pranzo alla mensa dei reietti, con il precetto in mano.

mercoledì 19 ottobre 2011

Lettera aperta al presidente del tribunale del lavoro

Gentile signor Presidente del tribunale del lavoro. Lei dovrà decidere se le mie richieste di giustizia sono legittime e se invece questa causa è figlia della presunzione di un colletto bianco, con i piedi coperti da un decoroso e inalterato stipendio.

Lo so che molti altri, e sono tanti, stanno perdendo il lavoro. So anche che chi se lo conserva lo paga  con interessi da usuraio sulla propria vita e a scapito della sicurezza.

E tuttavia Le pongo una domanda: se il ministero della giustizia, al quale per fortuna Lei non risponde, la spostasse dal Suo ruolo di magistrato e la mandasse a fare il dirigente dei cancellieri, interropendole la carriera e mettendo al Suo posto un nuovo magistrato fuori ruolo al suo primo incarico, anzi dividesse la sezione in due più piccole lasciando a Lei una parte, in aggiunta alla gestione dei cancellieri e lasciando l'altra al nuovo arrivato, il tutto mantenedole inalterato lo stipendio, Lei che cosa farebbe?

Perchè questo è successo a me. Allora Lei che cosa farebbe?
Non si arrabbierebbe come una iena e non correrebbe  al Csm chiedendo giustizia?
Io credo di sì.

Credo che dopo lo stupore iniziale, la sorpresa per l'accaduto,  la rabbia per l'impudenza, il dolore per la situazione, lo scoramento per l'impotenza, Lei cercherebbe una via per farsi riconoscere anni di lavoro.
E' quello che sto facendo io.
Nonostante le minacce, i veleni, le calunnie e le pressioni.

Tutti mi suggeriscono di accettare questo accordo, ma io non voglio.

mercoledì 12 ottobre 2011

Addetti stampa nella Pa: perchè non voglio firmare questo accordo

E' una questione privata. Ma anche pubblica. O meglio. Investe il lavoro nel pubblico impiego con tutti i distinguo del caso. Ma se accetto, passerà il principio che ad ogni tornata elettorale si può giocare a risiko con l'organigramma aziendale.

Il fatto
Sono giornalista. Professionista. Cioè ho dato l'esame di Stato a Roma molti anni fa. Lo ero prima che mmi assumessero in questo ente. Ho scritto per testate locali e nazionali. Nessuno si è mai lamentato.

Quando sono arrivata in ****  il posto era libero da un anno. Non c'era un addetto stampa e ho creato un ufficio dal niente, rendendolo credibile all'esterno, creando una rete di rapporti  con i giornalisti, regalando visibilità a questo ente. Nessuno ha mai contestato questa attività.

In dieci anni mi sono stati aggiunti nuovi incarichi, sempre legati alla comunicazione istituzionale, senza alcun aumento di stipendio. Anche in questo caso nessuno si è mai lamentato. Anzi.

Ma con la nomina del nuovo consiglio di amministrazione, dopo le elezioni regionali del 2010, sono stata spostata d'ufficio a fare un lavoro amministrativo e al mio posto è stato assunto un collega con contratto a termine. Stavolta mi sono lamentata io.
Così ho incaricato un avvvocato e siamo approdati dal giudice del lavoro.

La richiesta è molto semplice: sono stata assunta come giornalista, adesso vengo spostata a fare l'impiegata e qualcuno altro viene chiamato da fuori per fare lo stesso lavoro che facevo io. Tutto questo è corretto?

Se a subire lo stesso lo stesso trattamento fosse stato un farmacista, un  architetto, un avvocato o  un  ingegnere ci sarebbe stata la stessa condiscendenza? Perchè invece il giornalista sì, lo si può mettere a gestire l'archivio e gli uscieri, cambiandogli la cassa pensione, e dovrebbe essere contento?

Perchè nell'opinione comune chi fa l'addetto stampa di un ente pubblico non è una categoria come le altre, ma una persona cooptata dal politico di turno, sulla basi di simpatie o di tessere di partito.
Invece no. Lo ha confermato anche una legge, la 150 del 2000 che non può essere disattesa.

E allora l'accordo transattivo non posso accettarlo.

L'accordo transattivo
Io rinuncio ad ogni pretesa sulla qualifica da addetto stampa, mi tengo tutto il lavoro amministrativo in più e, visto che c'è una causa in corso, si farà un giornalino sul quale scriverò qualche articolo. In cambio i miei contributi torneranno alla cassa pensione giornalisti.

Ah dimenticavo. Se faccio la brava mi lasciano nell'angolino. Ma questo non è scritto.